Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Equestre dell'Aquila di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica: ordineaquiladiepiro@libero.it
Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro, coglie l'occasione per porgere cordiali e cavallereschi saluti.

mercoledì 29 dicembre 2010

...Affrettati, non tardare, Signore Gesù: la tua venuta dia conforto e speranza a coloro che confidano nel tuo amore misericordioso....

«Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. (Lc 1, 26-38).

Aveva trascorso la notte al buio, una delle tante notti, solo, al gelo, nella grotta. Aveva paura del buio e tremava per il freddo. Aveva lasciato da tempo il padre, il fratello e la sua bella casa, colma d’amore e di calore. Aveva girovagato per paesi e città. Era stato a divertirsi nel paese dei Balocchi e aveva dissipato tutti i suoi averi. Aveva attraversato fiumi e paludi. Si era imbrattato di fango. Si era inzaccherato nella melma delle sporcizie umane. Aveva poi imboccato la via più larga del deserto: aveva goduto i primi giorni quando il suo sguardo si perdeva oltre l’orizzonte dove il nulla e l’infinito sembravano congiungersi con l’azzurro intenso del cielo terso. Dentro gli pulsava sempre più forte la brama per gli spazi sconfinati e quel deserto senza strade, quelle strade senza cigli, prive di segnali, stavano intonando nel suo animo il canto sguaiato della sconfinata libertà. Finché gli riusciva di tenere alto lo sguardo non sentiva tanto la stanchezza e la meta sembrava lì, sempre prossima anche se invisibile e invero sempre più lontana, inesistente. Cercava una casa più grande, senza porte, senza padre né fratelli e gli pareva di vederla appena oltre l’orizzonte, velata soltanto da una duna. Godeva a momenti dell’ebbrezza nel sentirsi grande, libero, quasi onnipotente senza l’angustia dei segnali. Avanzava nel deserto grande a piedi nudi e già dentro gli divampava il fuoco. Non trovò mai un’oasi o una casa nel deserto. Ebbe fame, sentì l’arsura della sete, le lacrime copiose solcavano le gote e scendevano spontanee: erano amare ed abbondanti perché intrise di tristezza e di avvilente solitudine. Il deserto, giorno dopo giorno, stava diventando la sua gabbia e la sua tomba. La casa di suo padre era ormai sempre più inaccessibile e lontana, come un vago ricordo e come smarrita in una struggente e dolorosa nostalgia. Ormai non c’era più una meta da cercare. Il sole bruciava e sembrava impallidisse ad ogni istante: il giorno si confondeva con la notte. Gli occhi stentavano ad aprirsi. Era quasi cieco, era stremato, pensava di morire, o forse era già morto, solo, nel deserto in quella sabbia rovente.
Senza casa.
Senza padre.
Senza luce.
Senza amore.
Senza pane.
Prigioniero di quello spazio immenso del deserto, schiavo della sua agognata libertà. Si stava costruendo la tomba e il suo inferno in quel deserto nella tragedia di una vita estinta. Gli parve un miraggio quel mattino: Qualcosa, qualcuno da lontano sta venendo verso di lui. Non lo sapeva, ma è il 25 di Dicembre. Una luce candida diversa da quella del sole, un globo che avanza, poi tre fari luminosi al fine l’abbagliano. Si vede invaso da quella luce buona, apre gli occhi. Sono tre persone e un giumento .“Io vengo” - sente da una voce suadente di Bambino - “da molto lontano. Anch’io, ho lasciato la casa di mio Padre. Lui mi ha mandato nel tuo mondo. Anch’io, esule, con i miei, ora sono nel deserto. Vengo a cercare gli erranti, gli schiavi e i vagabondi, vengo a liberare i prigionieri. Sono qui per te. Ho udito il tuo pianto, sono arrivate fino a me le tue lacrime. Ho fatto mio il tuo dolore. Sono nato povero in una grotta al freddo e al gelo. Forse la mia grotta è come la tua grotta. Sono nato nel tempo e Lei è la mia Madre vergine. Splendente della mia e della sua luce. È senza macchia e sa donare amore. Ecco la mia Madre, specchiati nel suo candore”. La Madre gli tocca gli occhi e lui, finalmente, vede. “Giuseppe, uomo santo e giusto” prosegue il Bambino “è il mio vigile custode. Ho per me, gli spazi infiniti e luminosi del Cielo e le infinite ricchezze. Il cielo però senza di te, senza l’uomo che mi somiglia ed è fratello, si vela di tristezza e perde un po’ del suo splendore. Perciò siamo venuti a cercarti, piccolo uomo della terra. Sappiamo che tu con tanti altri fratelli, state vagando nel vuoto e siete moribondi nel deserto. Io morirò per te, ma tu devi vivere, tu devi godere la vera libertà, devi essere la gloria di Dio Padre. Il tuo mondo, un tempo più bello di un giardino, ora è un deserto e tu sei uno schiavo, sei un fuggiasco, sei un esiliato. Tu hai smarrito la strada del ritorno. Io conosco la via, Io sono la via. Chi segue me non cammina nelle tenebre e non si smarrisce nei deserti. Sul monte Io pianterò una croce, irrorerò col sangue la tua terra e tornerà la vita in te, nel deserto, in tutto il mondo. Ognuno, con me ritrova una casa grande, una casa calda: ritrova il Padre, il Suo abbraccio, la gioia e la vera libertà. Uscirò a spargere il buon seme e fiorirà il deserto”.
Queste le parole del Bambino. Così ognuno quest'anno festeggia il suo Natale. L’uomo smarrito nel deserto ha trovato una Madre ed un Fratello, ha lasciato il deserto, la terra degli schiavi, la grotta è diventata la sua casa grande e bella. Il buon Dio ha ricostruito un presepe vivo nel cuore di ognuno, anche nel tuo cuore.
Anche per te che sia un bellissimo e santo Natale, una vera festa del cuore! Un ritorno nella Casa, nel cuore del tuo Dio che ti ama.
Inchinati ed entra nella grotta, prostrati se hai voglia di pace e di perdono. Dio ha preso la tua carne per redimere la tua storia.

Accogli il Bambino, così dai gioia anche alla sua Mamma.

Tratto da:http://sanvincenzo.silvestrini.org


29 Dicembre - V giorno fra l'ottava di Natale - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 2,22-35
Luce per rivelarti alle genti.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Parola del Signore



martedì 28 dicembre 2010

Messaggio del Gran Priorato

Ordine Equestre dell'Aquila di Epiro
Gran Priorato di Italia

Gentili Dame, nobili Cavalieri, Amici tutti,
abbiamo appena celebrato la solennità del Santo Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. Le nostre città, i nostri paesi, i nostri borghi, le nostre vie sono addobbate a festa, nelle nostre case da tempo sono presenti i simboli, i segni caratteristici del Natale, l'albero mutuato dalla tradizione del nord Europa e il presepe, rappresentazione della Natività, per la prima volta voluto dal Poverello di Assisi, San Francesco, in quel di Greggio. 
In ogni dove luci e luminarie. La luce più grande, più splendente è però quella irradia il Divino Infante dalla grotta di Betlemme. Inginocchiati davanti al Bambin Gesù, chiediamo umilmente perdono delle nostre colpe e imploriamo di donarci la Sua Luce e di aprire il nostro cuore ai bisogni dei piccoli, degli emarginati, dei deboli, degli indifesi, degli ultimi, dei malati e degli anziani, dei perseguitati, delle vedove e di ogni umana necessità.
Che i nostri passi di Dame e Cavalieri dell'Ordine Equestre dell'Aquila di Epiro siano costantemente guidati, come lo furono quelli dei Santi Magi verso la grotta di Betlemme, verso il Figlio di Dio, Gesù Bambino per noi nato.
Un augurio per un Santo Natale ed un felice e prospero anno a tutti.
N.H. Comm. Francesco Pilotti
Gran Priore


Santi Innocenti Martiri


La Chiesa onora come martiri questo coro di fanciulli ("infantes" o "innocentes"), vittime ignare del sospettoso e sanguinario re Erode, strappati dalle braccia materne in tenerissima età per scrivere col loro sangue la prima pagina dell'albo d'oro dei martiri cristiani e meritare la gloria eterna secondo la promessa di Gesù: " Colui che avrà perduto la sua vita per causa mia la ritroverà". Per essi la liturgia ripete oggi le parole del poeta Prudenzio: "Salute, o fiori dei martiri, che sulle soglie del mattino siete stati diverti dal persecutore di Gesù, come un turbine furioso tronca le rose appena sbocciate. Voi foste le prime vittime, il tenero gregge immolato, e sullo stesso altare avete ricevuto la palma e la corona".
L'episodio è narrato soltanto dall'evangelista Matteo, che si indirizzava principalmente a lettori ebrei e pertanto intendeva dimostrare la messianicità di Gesù, nel quale si erano avverate le antiche profezie: "Allora Erode, vedendosi deluso dai magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betlem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai magi. Allora si adempì ciò che era stato annunciato dal profeta Geremia, quando disse: Un grido in Rama si udì, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli, né ha voluto essere consolata, perché non sono più".
L'origine di questa festa è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IV secolo e cent'anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano. Oggi, con la nuova riforma liturgica, la celebrazione ha un carattere gioioso e non più di lutto com'era agli inizi, e ciò in sintonia con le simpatiche consuetudini medioevali che celebravano in questa ricorrenza la festa dei "pueri" di coro e di servizio all'altare. Tra le curiose manifestazioni ricordiamo quella di far scendere i canonici dai loro stalli al canto del versetto "Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles".
Da questo momento i fanciulli, rivestiti delle insegne dei canonici, dirigevano tutto l'uffìcio del giorno. La nuova liturgia, pur non volendo accentuare il carattere folcloristico che questo giorno ha avuto nel corso della storia, ha voluto mantenere questa celebrazione, elevata al grado di festa da S. Pio V, vicinissima alla festività natalizia, collocando le innocenti vittime tra i "comites Christi", per circondare la culla di Gesù Bambino dello stuolo grazioso di piccoli fanciulli, rivestiti delle candide vesti dell'innocenza, piccola avanguardia dell'esercito di martiri che testimonieranno col sangue la loro appartenenza a Cristo.

Fonte:www.santiebesti.it

SANTI INNOCENTI - Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 2,13-18
Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».

Parola del Signore

sabato 25 dicembre 2010

Messaggio di Auguri



Dilette Dame, Nobili Cavalieri e Amici tutti della Real Casa di Epiro,
il Gran Priorato di Italia dell'Ordine Equestre dell'Aquila di Epiro è felice di porgere a Voi tutti e alle Vostre famiglie i migliori sentimenti di Auguri per un Santo Natale del Signore e per un felice e prospero Anno Nuovo.

Messaggio Natalizio del Serenissimo Principe

 
 
Puer natus est Nobis!
Eccellenze, Cavalieri, Dame ed Amici della Casa d'Epiro, un altro Santo Natale si appressa; ancora una volta il Dio che si è fatto bambino nasce fra noi e per noi, in un modo sempre più lontano e sempre più sordo alla Sua voce. Come scrisse  in un tempo lontano l' Autore Sacro "Venne fra i suoi, ma i suoi non l' hanno accolto". L'Europa di oggi, sempre più laicista, sempre più razionalista, cerca di cancellare il Divin Bambinello dalla ricorrenza odierna, compito degli Ordini cavallereschi, muti custodi di tradizioni sacre che risalgono agli albori della cristianità, è allora di difendere la tradizione cristiana d'Europa. Anche se le tenebre sembrano incombere sulla cristianità, anche se il Maligno arrota le unghie, noi sappiamo che, come scrisse il salmista: "Se Dio è con noi, chi sarà contro di Noi?". Il fanciullo che nasce non ci lascerà mai soli di fronte alle sfide della Storia, perchè "sua è la terra  e quanto essa contiene".
Buon Santo Natale a Voi, alle Vostre famiglie e Auguri di prosperità per il Nuovo Anno 2011.
Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia
 

mercoledì 22 dicembre 2010

Feria propria del 22 Dicembre - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 1,46-55
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Parola del Signore

martedì 21 dicembre 2010

Feria propria del 21 Dicembre - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 1,39-45
A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Parola del Signore

venerdì 17 dicembre 2010

Feria propria del 17 Dicembre - Vangelo del Giorno

Vangelo
Mt 1,1-17
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Parola del Signore

giovedì 16 dicembre 2010

Giovedì della III settimana di Avvento - Vangelo del Giorno

Vangelo

Lc 7,24-30
Giovanni è il messaggero che prepara la via al Signore.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:
«Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:
“Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via”.
Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.
Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro».

Parola del Signore



martedì 7 dicembre 2010

SANT'AMBROGIO

La memoria di Sant'Ambrogio è obbligatoria per tutta la Chiesa, secondo il nuovo Calendario, ed è particolarmente solenne a Milano, che in questo giorno onora il suo grande Vescovo e amatissimo Patrono.
Ambrogio non era nato a Milano, ma a Treviri, nella Gallia, verso il 339. Era figlio di un funzionario romano in servizio al di là delle Alpi, e dopo la morte del padre la famiglia rientrò a Roma. Ambrogio studiò diritto e retorica, e intraprese la carriera giuridica.
Si trovava a Milano, quando il Vescovo morì, e da buon funzionario imperiale, cercò che fossero evitati quei disordini spesso provocati dalle tumultuose elezioni ecclesiastiche. Parlò con senno e fermezza nelle adunanze dei fedeli, perché tutto fosse fatto secondo coscienza e nel rispetto della libertà. Fu in seguito a questi suoi giudiziosi discorsi che dall'assemblea si alzò un grido: " Ambrogio Vescovo! ".
Ambrogio, che si trovava in quell'assemblea come funzionario imperiale, non era neppure battezzato, essendo soltanto catecumeno. Sorpreso e anche spaventato, proclamò dunque la sua indegnità; si professò peccatore, tentò perfino di fuggire. Tutto fu inutile.
Ricevette così il Battesimo, e, subito dopo, la consacrazione episcopale. " Tolto dai tribunali e dall'amministrazione pubblica - dirà il nuovo Vescovo - per passare all'episcopato, ho dovuto cominciare a insegnare quello che non avevo mai imparato ". Si diede perciò alla lettura dei Libri sacri, poi studiò i Padri della Chiesa e i Dottori, tra i quali sarebbe stato incluso anche lui, insieme con un giovane retore che, dopo dieci anni, egli stesso avrebbe battezzato: Agostino da Tagaste. L'opera di Ambrogio fu così vasta, profonda e importante, che difficilmente può essere riassunta. Basti dire che fu considerato quasi un secondo Papa, in un'epoca nella quale certo non mancarono alla Chiesa grandi figure di Vescovi.
Ma Sant'Ambrogio appariva più alto di tutti per la sua opera apostolica, benché fosse piccolo e delicato nel fisico quant'era grande nello spirito.
Egli, che veniva dalla carriera dei dignitari imperiali, sostenne dinanzi all'Imperatore, non solo i diritti della Chiesa, ma l'autorità dei suoi pastori. " Sono i Vescovi che devono giudicare i laici, e non il contrario " diceva, e tra i laici metteva, per primo, l'imperatore.
Un'altra massima dell'ex funzionario imperiale era questa: " L'Imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa ". E le contingenze portarono Sant'Ambrogio ad applicare tale massima nei riguardi del grande e intollerante Imperatore Teodosio.
Quando Teodosio, in seguito all'uccisione del comandante del presidio di Tessalonica, fece trucidare - almeno così si disse - 7000 abitanti innocenti, il Vescovo non solo gli rimproverò il massacro, ma gl'impose una pubblica penitenza. Teodosio cercò di resistere. Infine cedé. Nuovo David, fece penitenza dall'ottobre al Natale.
L'iconografia ambrosiana si è compiaciuta di rappresentare Sant'Ambrogio che scaccia dalla soglia della cattedrale l'Imperatore pubblico peccatore: in realtà l'azione del Vescovo si svolse tramite lettere e intermediari, ma il gesto resta ugualmente significativo, per indicare che né corona né scettro esonerano l'uomo dalla legge morale, uguale per tutti, e di cui sono giudici autorevoli soltanto i ministri di Dio e i pastori di anime.

Tratto da: www.santiebeati.it

Martedì della II settimana di Avvento - Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 18,12-14
Dio non vuole che i piccoli si perdano.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?
In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

Parola del Signore

Mistica dell'Avvento

MISTICA DELL'AVVENTO
di Don Prosper Guéranger
La triplice Venuta.
Se ora, dopo aver descritto le caratteristiche che distinguono il tempo dell'Avvento da qualsiasi altro, vogliamo penetrare nelle profondità del mistero che occupa la Chiesa in questa epoca, troviamo che questo mistero della Venuta di Gesù Cristo è insieme uno e triplice. É uno, perché è lo stesso Figlio di Dio che viene; triplice, perché egli viene in tre tempi e in tre modi.
Nella prima venuta, dice San Bernardo nel quinto sermone sull'Avvento, egli viene nella carne e nell'infermità; nella seconda viene in spirito e in potenza; nella terza, viene in gloria e in maestà; e la seconda Venuta è il mezzo attraverso il quale si passa dalla prima alla terza».
Ecco il mistero dell'Avvento. Ascoltiamo ora la spiegazione che ci dà Pietro di Blois di questa triplice visita di Cristo, nel suo terzo sermone de Adventu: «Vi sono tre Venute del Signore, la prima nella carne, la seconda nell'anima, la terza con il giudizio. La prima ebbe luogo nel cuore della notte, secondo le parole del Vangelo: Nel cuore della notte si fece sentire un grido: Ecco lo Sposo! E questa prima Venuta è già passata, poiché Cristo è stato visto sulla terra ed ha conversato con gli uomini. Noi ci troviamo ora nella seconda Venuta: purché, tuttavia, siamo tali che egli possa venire a noi; poiché egli ha detto che se lo amiamo, verrà a noi e stabilirà in noi la sua dimora. Questa seconda Venuta è dunque per noi una cosa mista d'incertezza; poiché chi altro fuorché lo Spirito di Dio conosce coloro che sono di Dio? Coloro che il desiderio delle cose celesti trasporta fuor di se stessi, sanno bene quando egli viene; tuttavia, non sanno nè donde viene nè dove va. Quanto alla terza Venuta, è certissimo che avrà luogo; incertissimo il quando: poiché non vi é niente di più certo che la morte, e niente di più incerto che il giorno della morte. Al momento in cui si parlerà di pace e di sicurezza, dice il Savio, allora la morte apparirà d'improvviso, come le doglie del parto nel seno della donna, e nessuno potrà fuggire. La prima Venuta fu dunque umile e nascosta, la seconda è misteriosa e piena d'amore, la terza sarà risplendente e terribile. Nella sua prima Venuta, Cristo è stato giudicato dagli uomini con ingiustizia; nella seconda, ci rende giusti mediante la sua grazia; nella terza, giudicherà tutte le cose con equità: Agnello nella prima Venuta, Leone nell'Ultima, Amico pieno di tenerezza nella seconda» (De Adventu, Sermo III).
La prima Venuta.
Stando cosi le cose, la santa Chiesa, durante l'Avvento, aspetta con lacrime ed impazienza la visita di Cristo Redentore nella sua prima Venuta. Essa prende per questo le ardenti espressioni dei Profeti, alle quali aggiunge le proprie suppliche. Sulla bocca della Chiesa, i sospiri rivolti al Messia non sono una semplice commemorazione dei desideri dell'antico popolo: hanno un valore reale, un influsso efficace sul grande atto della munificenza del Padre celeste che ci ha dato il suo Figlio. Fin dall'eternità, le preghiere dell'antico popolo e quelle della Chiesa cristiana unite insieme sono state presenti all'orecchio di Dio; e appunto dopo averle tutte ascoltate ed esaudite, egli ha mandato a suo tempo sulla terra quella rugiada benedetta che ha fatto germogliare il Salvatore.
La seconda Venuta.
La Chiesa aspira anche verso la seconda Venuta, sèguito della prima, e che consiste, come abbiamo visto, nella visita che lo Sposo fa alla Sposa. Ogni anno questa Venuta ha luogo nella festa di Natale e una nuova nascita del Figlio di Dio libera la società dei Fedeli da quel giogo di servitù che il nemico vorrebbe far pesare su di essa (Colletta del giorno di Natale). La Chiesa, durante l'Avvento, chiede di essere visitata da colui che è il suo Capo e il suo Sposo, visitata nella sua gerarchia, nelle sue membra, di cui le une sono vive e le altre morte, ma possono rivivere; infine in quelli che non fanno parte della sua comunione, e negli infedeli stessi, affinché si convertano alla vera luce che splende anche per loro. Le espressioni della Liturgia che la Chiesa usa per sollecitare questa amorosa e invisibile
Venuta, sono le stesse con le quali sollecita la venuta del Redentore nella carne; poiché, fatte le debite proporzioni, la situazione è la medesima. Invano il Figlio di Dio sarebbe venuto venti secoli or sono, a visitare e a salvare il genere umano, se non ritornasse, per ciascuno di noi e in ogni momento della nostra esistenza, ad apportare e fomentare quella vita soprannaturale il cui principio viene solo da lui e dal suo divino Spirito.
La terza Venuta.
Ma questa visita annuale dello Sposo non soddisfa la Chiesa; essa aspira alla terza Venuta che consumerà ogni cosa, aprendo le porte dell'eternità. Ha raccolto queste ultime parole dello Sposo: Ecco che io vengo presto (Ap 22,20) e dice con ardore: Vieni, Signore Gesù! (ibid.). Ha fretta di essere liberata dalle condizioni del tempo; sospira il compimento del numero degli eletti, per veder apparire sulle nubi del cielo il segno del suo liberatore e del suo Sposo. Fino a questo punto, dunque, si estende il significato dei voti che essa ha deposti nella Liturgia dell'Avvento; questa è la spiegazione delle parole del discepolo prediletto nella sua profezia: Ecco le nozze dell'Agnello, e la Sposa si è preparata (Ap 19,7).
Ma il giorno dell'arrivo dello Sposo sarà nello stesso tempo un giorno terribile. La santa Chiesa spesso freme al solo pensiero delle formidabili assise dinanzi alle quali compariranno tutti gli uomini. Chiama quel giorno «un giorno d'ira, del quale Davide e la Sibilla hanno detto che deve ridurre il mondo in cenere; un giorno di lacrime e di spavento». Non già che essa tema per se stessa, poiché quel giorno fisserà per sempre sul suo capo la corona della Sposa; ma il suo cuore di Madre soffre pensando che allora parecchi dei suoi figli saranno alla sinistra del Giudice, e che, privati di ogni contatto con gli eletti, saranno gettati con le mani e i piedi legati in quelle tenebre in cui non vi sarà che pianto e stridor di denti. Ecco perché nella Liturgia dell'Avvento, la Chiesa si ferma cosi spesso a mostrare la Venuta di Cristo come una Venuta terribile, e sceglie nelle Scritture i passi più adatti a ridestare un salutare spavento nella anima di quelli tra i suoi figli che dormirebbero il sonno di peccato.
Le forme liturgiche.
Questo è dunque il triplice mistero dell'Avvento. Ora, le forme liturgiche di cui è rivestito, sono di due specie: le une consistono nelle preghiere, letture, e altre formule, dove le parole stesse sono usate per rendere i sentimenti che abbiamo esposti; le altre sono riti esteriori adatti a questo tempo sacro e destinati a completare ciò che esprimono i canti e le parole.
Gli occhi del popolo si accorgono della tristezza che preoccupa il cuore della santa Chiesa dal colore di penitenza di cui si copre. Fuorché nelle feste dei Santi, non veste più che di viola; il Diacono depone la Dalmatica, e il Suddiacono la Tunicella. Un tempo anzi, si usava in parecchi luoghi il colore nero, come ad esempio a Tours, a Le Mans, ecc. Questo lutto della Chiesa mette in rilievo con quanta verità essa si unisca ai veri Israeliti che aspettavano il Messia sotto la cenere e il cilicio, e piangevano la gloria di Sion scomparsa, e «lo scettro tolto a Giuda, fino a quando non venga colui che deve essere mandato, e che forma l'attesa delle genti» (Gen 49,10). Esso significa ancora le opere di penitenza con le quali si prepara alla seconda Venuta piena di dolcezza e di mistero che ha luogo nei cuori nella misura in cui si mostrano sensibili alla tenerezza che testimonia loro quell'Ospite divino che ha detto: Io trovo la mia delizia nello stare con i figli degli uomini (Prov. 8, 31). Essa geme sulla montagna, come la tortora, fino a quando non si faccia sentire la voce che dirà: «Vieni dal Libano, o mia Sposa, vieni: sarai incoronata perché tu hai ferito il mio cuore» (Ct. 5, 8).
Durante l'Avvento, la Chiesa sospende anche, salvo nelle Feste dei Santi, I'uso dell'Inno Angelico: Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonœ voluntatis. Questo canto meraviglioso si fece sentire solo a Betlemme sulla mangiatoia del celeste Bambino; la lingua degli Angeli non è dunque ancora sciolta; la Vergine non ha deposto il suo divino fardello; non è tempo di cantare, non è ancora esatto dire: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà!

Cosi pure, al termine del Sacrificio, la voce del Diacono non fa più sentire le parole solenni che congedano l'assemblea dei fedeli: Ite, Missa est. Le sostituisce con la semplice esclamazione: Benedicamus Domino! quasi che la Chiesa temesse di interrompere le preghiere del popolo, che non sono mai troppo prolungate in questi giorni d'attesa.
 
Tratto da: Messainlatino.it

Esame di Coscienza sull'Avvento

Tempo caratterizzato dallo spirito di penitenza e dagli ardenti desideri di chi anela alla prossima venuta di Gesù, e intanto gli prepara la via nel proprio cuore, evitando ogni peccato volontario, e ornandosi di virtù; Fratelli miei, è ora che ci svegliamo dal sonno, perché la nostra salute è vicina... Gettiamo via le opere delle tenebre, e rivestiamo le armi della luce (Rom., 13, 11-12).
— Il mistero consiste in questo: nell'instaurare tutte le cose in Cristo: instaurare omnia in Christo (Ef., 1. 10).

* * *

I due " esercizi " qui riportati orientano l'anima verso i sentimenti inculcati dalla Chiesa nella impareggiabile liturgia dell'Avvento, tutta spirarne amore, fede e speranza nell'opera redentrice e rinnovatrice del Figlio di Dio, tendente alla riforma spirituale della nostra vita.
Per andare a Dio non c'è strada più facile e più bella, che la meditazione dei misteri di Gesù. S. AGOSTINO.
L'uomo che non cerca Gesù, nuoce a se medesimo, più che, non gli possano nuocere il mondo e tutti i suoi nemici (2 Imit., 7, 3).

I ESERCIZIO

— Oggi ho menato la vita di raccoglimento, propria del sacro Avvento? (Mancanze).
— Ho recitato con attenzione le preghiere che più direttamente si riferiscono al mistero dell'Incarnazione? (Angelus Domini, Gloria in excelsis, Pater aeterne...).
— Ho ringraziato Iddio di aver operato il grande mistero dell'Incarnazione? (Minimo di volte).
— Sono entrato nello spirito di penitenza, facendo qualche sacrificio e mortificazione? (Occasioni perdute).
— Sono riuscito a evitare ogni peccato volontario, pensando che il Figlio di Dio si è incarnato per espiare i nostri peccati?

II ESERCIZIO

— Ho ripetuto il numero di volte fissato, le aspirazioni e i santi desideri verso la nascita di Gesù in me?
— Sono stato fedele alle vane grazie di oggi, pensando che Gesù me le ha guadagnate, incarnandosi?
— Ho accettato, in ispirito di penitenza, le pene e le afflizioni odierne?
— Nei momenti di scoraggiamento e nelle tentazioni di sfiducia, ho messo tutta la mia confidenza in Gesù, incarnatesi per salvarmi?
— Ho offerto a Dio le mie azioni principali, unendole alle medesime azioni di Gesù Cristo, affin di renderle meritorie per il Cielo?

ASPIRAZIONI:

Ostende nobis, Domine, misericordiam tuam, et salutare tuum da nobis, Ps 84, 8. Mostraci, o Signore, la tua clemenza, e da a noi la salvezza!
— Rorate, coeli, dèsuper, et nubes pluant Justum. Is. 45, 8, Stillate, o cieli, dall'alto e le nubi piovano il Giusto!
— Jesu Fili David, miserere nobis, Mt., 9, 27. Gesù, Figlio di David, abbi pietà di noi! (500 g.).
— Domine Jesu Christe, Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus, Tu solus Altissimus. (500 g.; pl. mens.),
— Sia lodato Gesù Cristo! — Sempre sia lodato! (300 g.; plenaria mens.). Laudetur Jesus Christus. In saecula.

PREGHIERA

O Jesu vivens in Maria,
veni et vive in fàmulis tuis,
in spiritu sanctitatis tuae:
in plenitudine virtutis tuae;
in perfectione viarum tuarum;
in veritate virtutum tuarum;
in comunione mysteriorum tuorum;
dominare omni adversae potestati,
in Spiritu tuo, ad gloriam Patris. Amen.

(P. DE CONDREN - M. OLIER)

O Gesù, vivente In Maria, venite e vivete nell'anima dei vostri servi, nel vostro spirito di santità; nella pienezza dei vostri doni; nella perfezione delle vostre vie; nella verità delle vostre virtù; nella comunione dei vostri misteri. Dominate in noi su tutte le potenze nemiche, per la virtù del vostro spirito, alla gloria del Padre, Così sia!

Ascoltiamo la pressante esortazione dell'Imitazione di Gesù Cristo:

Su via, fratelli, avanziamoci uniti; Gesù sarà con noi.
Per amor di Gesù abbiamo preso questa Croce; per amor di Gesù, perseveriamo sulla Croce.
Egli, che è nostro Capitano e nostra Guida, sarà nostro Sostegno.
Eccolo il nostro Re, che ci precede, e combatterà in favor nostro.
Seguiamolo da forti; nessuno si lasci vincere dal timore.
Siamo pronti a morire generosamente lottando; né macchiamo la nostra gloria, fuggendo dal conflitto, e abbandonando vilmente la Croce. (III 56, 6).

Stimoli al Combattimento Spirituale

Veglia sopra te stesso;
te stesso incoraggia;
ammonisci te stesso;
e, checché sia degli altri,
non trascurare te stesso.
(I 25, 11).
 
Tratto da: messainlatino.it
 

INVITO PER SCAMBIO DI AUGURI

Sua Altezza Reale e Serenissima è stata invitata allo scambio degli Auguri del Santo Natale insieme al Ministro Frattini, a Deputati, a Senatori, a Consiglieri Provinciali, ed altri, all'hotel "Marriot Grand Hotel Flora" sito in Via Vittorio Veneto, 191, nel salone Flora, il 16 dicembre p.v. alle ore 18.30.

INVITO PER IL GIOTNO 11-12-2010

Sua Altezza Reale e Serenissima Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, Gran Principe di Epiro, è stato invitato a partecipare alla conferenza che si terrà a Tuscania il prossimo 11 dicembre alle ore 16 presso la Sala Conferenze. Relatrice la Dottoressa Anna Maria Menotti, pronipote del patriota Ciro Menotti.
Il tema della conferenza sarà:"150 anniversario dell'Unità di Italia: occasione di un rinnovato senso di responsabilità per il futuro della Nazione".

lunedì 6 dicembre 2010

Lunedì della II settimana di Avvento - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 5,17-26
Oggi abbiamo visto cose prodigiose.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Parola del Signore

Auguri del Metropolita Kyril (Traduzione)

Vostra Altezza e carissimo Cugino,
Vi invio i miei saluti in Cristo nella Santa Festa dell'Apostolo Andrea!
Nel Martirologio della Festa vi è questa mattina una lettura di grande interesse:
"...Dopo la Passione e la Resurrezione del Signore, Andrea andò in Scizia, la provincia assegnatagli per propagare la fede cristiana, poi egli giunse fino all'Epiro ed alla Tracia. Per i suoi insegnamenti ed attraverso i suoi miracoli convertì un gran numero di anime a Dio". E' qui evidente che la Santa Fede giunse alla terra d'Epiro assai presto nella storia della Chiesa e che il suo popolo è stato benedetto per primo per essere stato portato alla Fede da quel grande Apostolo che è stato Sant'Andrea il  Primo Chiamato. Io prego oggi perchè la Benedizione di Nostro Signore che è Dio e Salvatore e le preghiere del Suo Apostolo e testimone Andrea siano con Voi, Sacro Principe e sul Vostro Trono e sul Popolo d'Epiro e su di Voi rimangano per sempre.
Il Vostro servitore in Cristo
+Kyril, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa d'Epiro ( a riposo)

Auguri del Metropolita Kyril

Dear in Christ Your Highness and Dearest Cousin
 Greetings on the Holy Feast of the Apostle Andrew!
 
In the Martyrology of the Matins of the Feast this morning there was a reading of great interest:
 
     "...After the Lord's Passion and Resurrection, Andrew went to Scythia the province
      assigned to him, to propagate the Christian faith; then he spread it through Epirus
      and Thrace. By his teaching and miracles he converted countless souls to God."
 
Here we have evidence that the Holy Faith was brought to the land of Epirus early in history of the Church, and that as such its people have been blessed from the first especially to have been taught under so great an Apostle as the Holy Apostle Andrew the First Called.
 
I pray today for the Blessing of Our Lord and God and Saviour Jesus Christ and the prayers of His Apostle and Witness Andreww to be with you His Holy Prince and the Throne and People of Epirus, wherver they are. I remain
 
Your Servant in Christ,
 
+Kyrill
Archbishop, Orthodox Church of Epirus (ret)

giovedì 2 dicembre 2010

Giovedì della I settimana di Avvento - Vangelo del giorno

Vangelo
Mt 7,21.24-27
Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Parola del Signore

domenica 28 novembre 2010

I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) - Vangelo del Giorno

Vangelo
Mt 24,37-44
Vegliate, per essere pronti al suo arrivo.
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore



sabato 27 novembre 2010

Padre Nostro della liturgia Caldea

Padre nostro invisibile che sei nei cieli
sia santificato in noi il tuo Nome
perché tu ci hai santificato
attraverso il tuo Spirito Santo.
Venga su di noi il tuo regno,
regno promesso agli amanti del tuo Amore.
La tua forza e le tue benevolenze
risposino sui tuoi servi
qui nel mistero e là nella tua misericordia.
Dalla tua tavola inesauribile
dona il cibo alla nostra indigenza
e accordaci la remissione delle colpe
perché tu conosci la nostra debolezza.
Noi ti preghiamo:
salva coloro che hai plasmato
e liberali dal maligno che cerca chi divorare.
A te appartengono il regno
e la potenza e la gloria, o Signore:
non privare della tua bontà i tuoi santi.
DAL BREVIARIO CALDEO

INVITO DEL CENTRO STUDI CULTURALI E DI STORIA PATRIA

Sua Altezza Reale e Serenissima, il Gran Principe di Epiro Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia è stato invitato dal Dott. MArio Laurini, Presidente del Centro studi culturali e di storia patria, a partecipare alla conferenza ed alla successiva inaugurazione della Mostra "Garibaldi, i Mille e il Regno delle Due Sicilie, nascita di una Nazione" che avverrà presso la Rocca Farnese sabato 27 novembre alle ore 16,30.

Sabato della XXXIV settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 21,34-36
Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Parola del Signore

sabato 20 novembre 2010

Sabato della XXXIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 20,27-40
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Parola del Signore



venerdì 19 novembre 2010

Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 19,45-48
Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Parola del Signore

INVITO ALLA CERIMONIA DI GRAN GALA' DEL 4 DICEMBRE 2010



Sua Altezza Serenissima il Gran Principe di Epiro, Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia e la Sua Augusta famiglia, sono stati invitati a partecipare alla cerimonia di Gran Galà di beneficenza organizzata dalla delegazione di Pisa del Sovrano Militare Ordine di Malta che si terrà il 4 dicembre prossimo venturo presso Villa Rossi di Gattaiola in provincia di Lucca. L'intero incasso della manifestazione sarà devoluto per il "si alla vita" dell'Oasi Melitense dei bimbi nati e per il sostentamento ai bambini orfani in Namibia.

sabato 13 novembre 2010

Sabato della XXXII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 18,1-8
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore

venerdì 12 novembre 2010

San Giosafat Kuncewycz



Nasce a Wolodymyr in Volynia (Ucraina) nel 1580 e viene ricordato come il simbolo di una Russia ferita dalle lotte tra ortodossi e uniati. La diocesi di Polock si trovava in Rutenia, regione che dalla Russia era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La fede dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa greco-ortodossa. Si tentò allora un'unione della Chiesa greca con quella latina. Si mantennero cioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta «uniate», incontrò l'approvazione del Re di Polonia e del Papa Clemente VIII. Gli ortodossi, però, accusavano di tradimento gli uniati, che non erano ben accetti nemmeno dai cattolici di rito latino. Giovanni Kuncevitz, che prese il nome di Giosafat, fu il grande difensore della Chiesa uniate. A vent'anni era entrato tra i monaci basiliani. Monaco, priore, abate e finalmente arcivescovo di Polock, intraprese una riforma dei costumi monastici della regione rutena, migliorando così la Chiesa uniate. Ma a causa del suo operato nel 1623 un gruppo di ortodossi lo assalì e lo uccise a colpi di spada e di moschetto.


Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo

Lc 17,26-37
Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Parola del Signore

L' OCCIENTE DOVREBBE INTERROGARSI SU COSA SIA LA LEBERTA'

Ai musulmani che arrivano in occidente si concede tutto, ai cristiani nei paesi musulmani è vietato tutto e, con false prove, si condannano a morte.

Roma, 11 nov. (Apcom) - Asia Bibi, 45enne cristiana pachistana, è stata condannata a morte per impiccagione per aver offeso il profeta Maometto: è quanto riporta il quotidiano britannico The Daily Telegraph. I legali della donna, madre di cinque figli, hanno presentato ricorso contro la condanna, pronunciata da un tribunale di Sheikhupura, nella regione di Lahore. Bibi era stata arrestata nel giugno scorso: secondo le testimonianze aveva portato dell'acqua ad alcune donne che lavoravano nella stessa fattoria, quando queste si sono rifiutate di berla perché "impura", in quanto toccate da mani cristiane. Secondo l'accusa la donna avrebbe risposto paragonando i meriti di Gesù a quelli di Maometto provocando la reazione prima delle altre donne e poi di una folla ostile, e solo l'intervento della polizia l'avrebbe salvata dal linciaggio. Secondo la difesa invece Bibi non ha mai pronunciato alcuna offesa contro il Profeta ma è stata la polizia, su insistenza di un gruppo di religiosi musulmani, a presentare una falsa denuncia.

sabato 6 novembre 2010

COMUNICATO

Riceviamo dal Comitato del Regno d’Italia il seguente testo che pubblichiamo.
Comitato del

Regno d’Italia

delle Province di Bolzano, Gorizia e Trieste

Presidenza
co.regno-italia@email.it

COMUNICATO STAMPA

06/11/2010

oggetto: Renzo Stevanato Addetto culturale

il Comitato del Regno d'Italia, che rivendica la sovranità sulle Province di Bolzano, Gorizia e Trieste, è lieto di comunicare la recente ammissione nel Comitato e nomina ad Addetto culturale, del Maestro Renzo Stevanato, il cui nome è legato al prestigioso premio “Leone d'oro” notoriamente associato al Festival del Cinema e alla Biennale di Venezia.

Matteo Cornelius Sullivan
Presidente del Comitato del Regno d’Italia

Onoriamo la memoria di Pio XII

Domenica 31 Ottobre e Lunedì 1 Novembre, in due distinte serate, è andato in onda lo sceneggiato “Sotto il cielo di Roma”, una sorta di romanzo storico televisivo che, mettendo sullo sfondo una storia d’amore fra due ebrei, ha cercato di ricostruire l’atteggiamento tenuto dal Santo Padre Pio XII e dalla Chiesa nei confronti della questione ebraica durante l’occupazione nazista di Roma. Il rabbino capo di Roma ha, ovviamente, contestato lo sceneggiato ed è arrivato a chiedersi perché la Rai abbia trasmesso quella che ha definito una patacca. Ancora una volta giunge dagli ambienti ebraici una critica ingenerosa alla figura di Pio XII, Pontefice di grande statura che da anni il mondo cattolico attende di veder salire agli onori degli altari. Stupisce altresì il silenzio della Santa Sede che, da tempo, per non turbare i rapporti fra la Chiesa ed il mondo giudaico, tace di fronte alle critiche ed al fango spesso gettato sulla figura di un grande Pontefice così come stupisce che la causa di beatificazione del Servo di Dio di venerata memoria sia stata bloccata da anni per motivi “ecumenici”.

martedì 2 novembre 2010

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa I) - Vangelo del giorno

Vangelo

Gv 6,37-40
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Parola del Signore

domenica 31 ottobre 2010

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 19,1-10
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore



Invito

Sua Altezza Reale e Serenissima Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia è stato invitato alla manifestazione che si terrà lunedì 1 Novembre presso il Comune di Mentana.

Di seguito riportiamo l'invito:


Museo Nazionale della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma
LUNEDÌ 1 NOVEMBRE 2010
“GIORNATA DELLA MEMORIA”
Manifestazione Nazionale
Apertura manifestazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

sabato 30 ottobre 2010

Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 14,1.7-11
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore



venerdì 29 ottobre 2010

Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
+ Dal Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Parola del Signore

giovedì 28 ottobre 2010

Giovedì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 6,12-19
Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Parola del Signore

mercoledì 27 ottobre 2010

Mercoledì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo

Lc 13,22-30
Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Parola del Signore

martedì 26 ottobre 2010

Martedì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 13,18-21
Il granello crebbe e divenne un albero.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Parola del Signore



lunedì 25 ottobre 2010

LA CHIESA MARONITA



Cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti

1600 anni di fedeltà alla tradizione apostolica del cristianesimo delle origini. Una Chiesa ricca di storia . La Chiesa maronita è l'unica tra tutte le Chiese orientali ad essere rimasta in piena comunione con Roma nel corso dei secoli senza alcuna divisione o scissione.
"La chiesa maronita - racconta lo stesso Paul Nabil Sayah, arcivescovo Maronita di Terra Santa - è una chiesa che risale alla fine del quarto, inizio quinto secolo. Ha le sue origini ad Antiochia, nell'attuale Siria del Nord, come chiesa monastica. Il fondatore della Chiesa, San Marone, era un monaco. Si radunarono intorno a lui altri religiosi e una comunità crebbe nell'ammirazione di quest'uomo carismatico che adottò uno stile ascetico molto severo. Gradualmente la chiesa crebbe intorno al monastero; da questo monastero si svilupparono altri monasteri e la comunità divenne sempre più grande. Dopo l'invasione musulmana nel settimo secolo si spostarono nel nord del Libano , dove iniziarono un nuovo stile di vita".
I maroniti incominciarono a diffondersi in tutto il Libano. Per 400 anni risiedettero nella valle Kadisha, dove i patriarchi vissero con la comunità nelle caverne in zone montuose dove nessuno poteva raggiungerli. Poi uscirono per andare in zone più abitate e quindi si diffusero nella regione.
Oggi ci sono circa 3 milioni di maroniti in tutto il mondo di cui 1,400.000 vivono in Libano, costituendo circa il 35% della popolazione .
Si tratta di una Chiesa cattolica di rito orientale, in piena comunione con la Sede Apostolica. Il rito orientale maronita appartiene alla tradizione liturgica di Antiochia, prevede la messa in aramaico e siriaco, ma grande parte della liturgia é nella lingua corrente della gente.
"Qui a Gerusalemme e in Galilea -- presegue mons. Sayah - noi abbiamo più di diecimila fedeli. La maggior parte sono in Galilea . Abbiamo piccole parrocchie a Betlemme, piccole parrocchie a Gerusalemme, e un paio di piccole parrocchie nei dintorni di Tel Aviv. La maggior parte della nostra gente vive in Galilea. La parrocchia principale è ad Haifa. Noi siamo l'unica Chiesa Cattolica del Medi Oriente non "uniata" , che non ha cioè una controparte ortodossa: tutti i maroniti fanno parte della Chiesa Romana".
E a proposito del Sinodo, il arcivescovo maronita afferma:
"Ogni evento che unisce insieme tutta la Chiesa è un evento che avrà grande influenza sulla vita della Chiesa in avvenire. Sentiamo che questo Sinodo farà sentire i suoi effetti sulla nostra presenza cristiana qui, ma diciamo subito che quello che farà la differenza sarà ciò che noi decidiamo di fare dopo il Sinodo . E' un'opportunità per la Chiesa universale di conoscere meglio la Chiesa in Medio Oriente, mostrando che realmente la Chiesa è una..."

LA CHIESA MELCHITA GRECO CATTOLICA



Sua Beatitudine il Patriarca Gregorio III Laham


E' una Chiesa Cattolica, che vive e si esprime nella tradizione orientale della Chiesa Ortodossa, Ed e' per questo che la Chiesa Melchita Greco Cattolica viene spesso definita - e a ragione - "sintesi e ponte tra Oriente e Occidente".
Le sue origini storiche datano al secolo XVIII, quando, a seguito della crescente influenza dell'Occidente cattolico nel Medio Oriente e per effetto della predicazione di alcuni ordini religiosi, si formò nel patriarcato ortodosso di Antiochia una corrente filo-cattolica, che riprese l'antica denominazione di melchita. La parola malko, infatti, (che in aramaico occidentale o siriaco significa "re"), risale al V secolo e fa riferimento a quanti, dopo il Concilio di Calcedonia del 451, si schierarono sul piano teologico a favore dei decreti di quel Concilio (con la sua dottrina cristologica) e sul piano politico a favore di Bisanzio (in opposizione alla maggioranza dei cristiani che nei tre patriarcati di Antiochia, Gerusalemme e Alessandria manifestava insofferenza per il centralismo imperiale). Fu Marciano, imperatore di Costantinopoli, a porre i decreti del Concilio come legge dello Stato. Coloro che li accettarono furono, pertanto, detti "uomini del re" o appunto "melchiti".Nel 1724, la Chiesa Melchita in Siria si sdoppiò in ortodossa e cattolica, formando una gerarchia parallela.
Dunque in quell'anno, nacque la comunità dei Melchiti cattolici in comunione con Roma.

Attualmente i fedeli melchiti sono in tutto il mondo circa 1 milione e 400 mila, di cui 500 mila in Medio Oriente e gli altri nella cosiddetta "diaspora" (Stati Uniti, Sud America, Australia, Europa ed Africa).
La loro presenza in Terra Santa e' cosi' articolata:
In Galilea, dove è chiesa maggioritaria rispetto alle altre denominazioni cristiane, con le parrocchie di Haifa, Nazareth e di tanti altri villaggi, la Chiesa Melchita conta circa 70 mila fedeli. E' la cosidetta Arcieparchia di Acco, a capo della quale, dal 2006, e' l'arcivescovo arabo-israeliano mons. Elias Chacour.
A Gerusalemme invece c'è un vicariato patriarcale, (dal 2008 guidato dall'arcivescovo Joseph Zrei'i) che dipende dal Patriarcato di Antiochia. Dal 2000 "Patriarca di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme" della Chiesa Greco-Melkita Cattolica è Gregorio III Laham che risiede in Siria.
Mons. Sgrei resiede nel quartiere cristiano della città vecchia di Gerusalemme dove c'è anche la chiesa cattedrale, che é parrocchia per i circa 700 fedeli della Città Santa.
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giovedì 21 ottobre 2010

21 Ottobre, Beato Carlo I d’Asburgo Imperatore e re




Carlo Francesco Giuseppe di Asburgo Lorena, nacque nel castello di Persenburg (Austria) il 17 agosto 1887, dall’arciduca Ottone d’Austria e dall’arciduchessa Maria Giuseppina di Sassonia; ed era pronipote dell’imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916).
La buona e devota madre, influenzò fortemente l’animo del giovane principe; ebbe una formazione umanistica sotto la guida di eccellenti precettori; poi proseguì i suoi studi presso il famoso “Schottengymnasium” dei Benedettini di Vienna, dove dai compagni veniva chiamato ‘arcicarlo’.
Seguendo le tradizioni della dinastia, finiti gli studi liceali, Carlo divenne ufficiale di cavalleria; uomo di viva intelligenza e dotato di un’enorme memoria, ricevette una formazione universitaria e l’istruzione di Stato Maggiore; fu dislocato in piccole guarnigioni della Baviera e della Galizia e poi a Vienna.
Sposò nel 1911 la principessa Zita di Borbone - Parma, dalla loro unione nacquero cinque figli maschi e tre figlie. Per la serie di disgrazie familiari che colpì la dinastia di Francesco Giuseppe, il pronipote Carlo venne a trovarsi in linea di successione, ad essere inaspettatamente erede al trono imperiale.
Nel 1915 l’anziano imperatore cercò di introdurre Carlo negli affari di governo; senza coinvolgerlo però in settori essenziali e vitali. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, comandando il XX Corpo dei Cacciatori imperiali “Edelweiss”, dimostrando le sue capacità militari e di coraggio fisico-morale; poi gli fu dato il comando della XII Armata in Galizia, poi ancora quello delle Armate contro i russi diretti da Brusilov, la cui offensiva venne fermata.
Dopo l’entrata in guerra della Romania, Carlo vinse la battaglia di Hermannstadt e si accingeva a conquistare anche Bucarest; le sue qualità militari gli vennero riconosciute dal suo Capo di Stato Maggiore, il prussiano Hans von Seeckt, che lo considerava un bigotto.
Il 21 novembre 1916 morì l’imperatore Francesco Giuseppe I e Carlo in piena Guerra Mondiale, divenne imperatore d’Austria (Carlo I) e re d’Ungheria (Carlo IV).
Sin da fanciullo aveva dimostrato una particolare inclinazione verso la religione e la preghiera, si sentiva chiamato alla carità per il prossimo e fin da ragazzo raccoglieva soldi per i poveri. Da giovane ufficiale in Galizia, cercò sempre con successo di elevare la vita morale dei suoi soldati, i quali vedevano in lui il modello dell’uomo cattolico.
I suoi principi religiosi lo portarono, da imperatore, a sostituire il feldmaresciallo Conrad, perché agnostico e che all’età di 64 anni aveva sposato una donna divorziata, inoltre aveva usato indiscriminatamente le corti marziali, alienando i cechi dalla Casa d’Austria.
Benché fornito di ottima preparazione militare, fu l’unico fra i belligeranti ad accogliere le iniziative di pace di papa Benedetto XV; del resto sin dall’inizio del suo governo era deciso a riportare la pace ai suoi popoli.
Intraprese varie iniziative di pacificazione con le altre potenze, senza riuscire a prevalere però nella cerchia dei generali e statisti tedeschi; non andarono in porto nemmeno due tentativi di pace separata, a causa della fiera resistenza del governo italiano e che si seppero poi in giro.
Così da parte degli alleati, da parte tedesca e da parte di austriaci pangermanici, fu imbastita una enorme propaganda contro il giovane sovrano, il quale con calunnie venne accusato di essere un debole, un donnaiolo, incompetente, ubriacone e molto dipendente dalla volontà della moglie ‘italiana’.
Non riuscì a realizzare una riforma costituzionale dello Stato in forma confederale, per l’opposizione dei nazionalisti austro-pangermanisti e dei circoli governanti ungheresi, capeggiati dal conte Tisza, i quali si rifiutarono in modo assoluto, di dare delle concessioni agli oltre otto milioni di non magiari, presenti in Ungheria.
Attorno a sé non trovò nessun uomo politico, disposto ad appoggiare i suoi piani di riforma, anzi il ministro degli esteri conte Czernin, ligio alla prepotenza germanica, entrò ben presto in piena divergenza con il suo sovrano. L’unico consigliere politico di cui dispose, il conte Polzer-Hoditz, divenne bersaglio e vittima di una ben orchestrata campagna denigratoria.
Il 4 novembre 1918, a seguito del crollo militare sul fronte italiano, si firmò l’armistizio con l’Italia e come conseguenza la monarchia danubiana decadde e in Austria, il 12 novembre, venne proclamata la Repubblica Austriaca. Carlo si ritirò dapprima in Ungheria, rinunciando ad ogni partecipazione agli affari di Stato, ma senza abdicare come sovrano; poi fino al 24 marzo 1919 visse con la famiglia nel castello di Eckartsan presso Vienna, da dove dovette trasferirsi, sotto protezione britannica in Svizzera; ritenendosi fedele al giuramento fatto all’incoronazione di re dell’Ungheria, fece due tentativi di riprendere il potere in questo Stato, ambedue nel 1921.
Ma essi fallirono per l’ostilità di alcune potenze della Piccola Intesa, contrarie ad una restaurazione, nonostante le simpatie verso la sua persona, mostrate dalla Francia e dalla Romania; inoltre il reggente d’Ungheria Nicola von Horthy, si mise contro il re legittimo, nonostante il giuramento che lo legava al sovrano esiliato.
I tentativi di riprendere il trono, furono espletati per sua volontà, senza usare la forza militare, risparmiando così un alto costo di vite umane; tale atteggiamento gli costò la corona.
Fu fatto prigioniero dal governo del reggente Horthy e consegnato agli inglesi, i quali lo condussero insieme alla moglie Zita ed ai figli a Funchal nell’isola portoghese di Madeira. Senza risorse economiche, la famiglia dovette vivere in uno stato precario, lasciato presto l’albergo che li ospitava, si sistemarono in una villa isolata denominata ‘Villa Quinta do Monte’, che non poteva essere riscaldata.
A causa del clima umido e freddo del monte, Carlo si ammalò di una complicata polmonite; il suo cuore già debole non superò la malattia e quindi morì il 1° aprile 1922; venne sepolto nel santuario di ‘Nossa Senhora do Monte’.
Sia nella vita privata che in quella pubblica, Carlo aveva cercato in modo sempre più perfetto di ubbidire alle leggi di Dio e della Chiesa, vivendo in modo straordinario le virtù cristiane. Con coraggio straordinario soppresse il duello, disposizione che lo rese fortemente impopolare negli ambienti militari; unito da devozione filiale alla persona del Sommo Pontefice, dimostrava una ubbidienza spirituale al suo magistero.
Dotato di una fortissima coscienza di responsabilità sociale, conduceva anche una vita ricca di preghiera che ne tratteggiava l’ascetica. Divenuto sovrano, soppresse le manifestazioni sfarzose della vita di corte, abolì i supplementi per le cariche supreme della corte imperiale-reale, introducendo uno stile di vita decisamente sobrio.
Tutta una serie di iniziative sociali a favore dei suoi sudditi, specie i più poveri, furono interrotte per la caduta della monarchia, ma anche nella condizione di esiliato, divenne popolare per il suo senso della giustizia e per la cordialità con i dipendenti, certamente non usuale nella severa corte asburgica.
Ultimo sovrano della duplice monarchia austro-ungarica, ne dovette subire il crollo, pur essendo tanto diverso dai suoi predecessori, per la sua religiosità, dirittura morale, visione sociale e riforma di uno Stato assolutista in uno confederale.
La Radio Vaticana, il 3 novembre 1949 annunziava l’apertura del processo di beatificazione, gli atti furono consegnati alla Congregazione dei Riti il 22 maggio 1954; a maggio 2003 sono state riconosciute le ‘virtù eroiche’ e quindi il titolo di venerabile.
E' stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004.

Autore: Antonio Borrelli

Fonte:www.santiebeati.it